Tutti i bambini nascono con il piede piatto.
E' la norma: quasi tutti evolvono spontaneamente
verso lo sviluppo di un piede normale con gli archi plantari ben
rappresentati entro i 7-10 anni.
Non è il caso di allarmarsi: i plantari
sono realmente necessari in pochissimi casi. Quei pochi tuttavia
anche con l'uso del plantare non potranno sperare in una correzione
definitiva. L'esatto contrario delle convinzioni correnti di mamme
e specialisti fino a poco tempo fa.
Per la correzione definitiva
del piede piatto occorre l'intervento chirurgico.
Riservata a pochissimi
casi la chirurgia tradizionale, molto cruenta ed invasiva che prevede
la soppressione di alcune articolazioni del piede e la trasposizione
di grossi tendini.
Oggi si corregge il piede piatto in modo mininvasivo.
Per via percutanea si introduce nel piede una vite che impedisce
la rotazione verso l'interno dela caviglia oltre il limite fisiologico.
Tanto basta a mantenere l'arco plantare e a correggere il piede
piatto in modo definitivo. Non solo: la vite è stata realizzata
anche in materiale riassorbibile come l'acido polilattico, che non
necessita di un secondo intervento per la rimozione. I risultati
eccellenti di queste metodiche mininvasive sono ormai confortate
da follow up di altre dieci anni e da continui confronti con altre
metodiche. Una opportunità chirurgica che tuttavia non è
per tutti. I criteri di selezione per ottenere risultati eccellenti
sono molto rigidi ed è necessaria una accurata valutazione
biomeccanica e radiologica accurata.
Plantari
I plantari sono come gli occhiali: correggono finchè vengono indossati, ma appena tolti il difetto si manifesta nuovamente.
I plantari sono come gli occhiali: correggono finchè vengono indossati, ma appena tolti il difetto si manifesta nuovamente.
Questo il risultato di alcuni recenti studi statistici: il plantare non modifica lo sviluppo dell'arco plantare. Il piede piatto, se tale, resta piatto anche dopo anni di diligente correzione con il sostegno di una ortesi plantare.
Giudizio negativo anche per le calzature
correttive, alte e rigide:
"Contrariamente a quanto di credeva in passato, epoca in cui le calzature correttive erano piuttosto rigide, oggi gli specialisti sanno bene che la scarpa svolge un’azione di tipo prevalentemente contenitivo e non può “modellare” le ossa. Sono infatti i muscoli i veri modulatori della forma del nostro scheletro. Di conseguenza, la calzatura ortopedica non deve comportare costrizione, ma favorire il recupero e il potenziamento di un corretto gioco muscolare. La scarpa deve quindi essere prima di tutto morbida e flessibile, non deve rappresentare per il piede una sorta di “prigione” che ne impedisce le esperienze necessarie per crescere e nella quale i muscoli dell’arto inferiore lavorano poco e niente. I muscoli debbono poter esercitare la loro funzione per rendere il piede valido e forte."
"Contrariamente a quanto di credeva in passato, epoca in cui le calzature correttive erano piuttosto rigide, oggi gli specialisti sanno bene che la scarpa svolge un’azione di tipo prevalentemente contenitivo e non può “modellare” le ossa. Sono infatti i muscoli i veri modulatori della forma del nostro scheletro. Di conseguenza, la calzatura ortopedica non deve comportare costrizione, ma favorire il recupero e il potenziamento di un corretto gioco muscolare. La scarpa deve quindi essere prima di tutto morbida e flessibile, non deve rappresentare per il piede una sorta di “prigione” che ne impedisce le esperienze necessarie per crescere e nella quale i muscoli dell’arto inferiore lavorano poco e niente. I muscoli debbono poter esercitare la loro funzione per rendere il piede valido e forte."
nel tempo è sempre la scarpa a
modellarsi sulla forma del piede e mai il contrario. C'è
di più: è proprio l'uso precoce delle scarpe a ritardare
lo sviluppo del piede e a favorire dismorfismi: due studi hanno
messo a confronto la popolazione di bambini occidentali con quella
di bambini di zone rurali indiane ed africane. Risultato: i bambini
che camminano scalzi sviluppano piedi più sani di quelli
che utilizzano fin dai primi passi scarpine e plantarini.
E' un
fatto di percezioni: il piede non è solo uno strumento di
propulsione per il passo, è anche un organo di senso. La
sua capacità di discriminare le sensazioni tattili sono seconde
solo alla mano e alla lingua. Ad ogni passo il piede appoggia al
suolo tutta la pianta e per un breve momento si rilascia per meglio
adereire e raccogliere le informazioni tattili dal terreno.
Poi in base
alle precezioni reccolte, durezza e asperità del suolo, si
irrigidisce e si trasforma in una leva che spinge e fa avanzare
il passo.
Questo importante lavoro di elaborazione di informazioni
e di lavoro dei muscoli del piede viene quasi annullato dalla suola
delle scarpe.
Lasciare i bambini scalzi almeno d'estate su superfici
incoerenti e informative come sabbia e terra favoriscono invece
la maturazione del piede e quindi un più sano sviluppo
La prevenzione incomincia presto:
- allontanando zie e nonne che si adoperano amorevolmente per far compiere i primi passi al loro nipotino.
- Anche eliminare o limitare l'uso del girello e
ritardare quello delle calzature
C'è una spiegazione che giustifica questi consigli. Durante i primi mesi di vita i tessuti molli del piede ( tendini, legamenti e capsule articolari ) sono particolarmente elastici e cedevoli, tanto che sotto il peso del bambino il piede si appiattisce e prende contatto a terra con tutta la pianta. Nessun problema, si tratta del piede lasso infantile che spontaneamente prenderà la sua forma e resistenza definitiva con il passare del tempo e senza nessuna terapia. Questa favorevole evoluzione può essere compromessa se, il bambino viene incoraggiato troppo precocemente alla stazione eretta e deambula a tappe forzate con l'aiuto di sostegni e girello. Le strutture di sostegno del piede ancora immature ne risentono e l'estremità, se predisposta, può sviluppare un piattismo.
Non
solo: deambulazione precoce implica anche un periodo di carponamento
abbreviato. Si tratta di una fase fondamentale per lo sviluppo della
coordinazione e per la formazione di particolari connessioni nervose
tra un emisfero e l'altro. Di quì le difficoltà nello sport e nel
passaggio di abilità manuali aquisite con un arto, all'altro arto,
negli adolescenti e negli adulti che non hanno carponato a sufficienza.
C'è di più: il piede non è solo un mezzo di locomozione, è anche
un organo di senso. Una doppia natura che va assecondata il più
possibile almeno nei primi anni di vita: ritardando l'uso delle
scarpe e incoraggiandolo a camminare a piedi scalzi quando la stagione
e l'ambiente lo consentono.
In questo modo informazioni sensitive
ed esperienze motorie verranno acquisite dalla pianta del piede,
ricca di terminazioni nervose e archiviate nel cervello. Un inconsapevole
bagaglio di conoscenze che sembra importante per mettere a punto
il tono dei muscoli del piede e prevenire il piede piatto e cavo
e alcune deformità delle dita.
Così,
il più delle volte, è il tempo a correggere il piede
piatto:
il grado di valgismo del piede, che esprime la gravità
del piede piatto, si riduce spontaneamente con lo sviluppo e la
maturazione ossea. Bambini che hanno il piede piatto a tre anni
di età, possono mostrare un piede perfetto a sette, otto
anni di età senza che sia stato utilizzato alcun presidio
correttivo. Non solo: anche se il piede resta piatto negli adolescenti
e nei giovani adulti il più delle volte non c'è motivo
di allarmarsi.
Si deve infatti
distinguere se il piede piatto osservato da fermo si trasforma in
un piede normale durante il passo. Il più delle volte infatti
il piede durante la deambulazione e la corsa grazie all'intervento
dei potenti tendini che lo controllano riacquista le normali curvature.
Questi piedi benché piatti non necessitano di nessuna correzione.
Solo il 3-4 % dei piedi piatti mantiene la deformità anche
durante il passo. Questi piedi specie se doloranti richiedono invece
la correzione con plantari o con l'intervento chirurgico.
L'intervento
Chirurgia mininvasiva e materiali riassorbibili anche per la chirurgia del piede piatto. Con la artrorisi.
Una tecnica tutta italiana, messa a punto nel 90' dal professor S. Giannini direttore della clinica ortopedica dell'università di Bologna. Oggi questo intervento dopo tredici anni di continue messe a punto e controlli a distanza dei risultati viene effettuato da numerosi specialisti con risultati eccellenti.
Una incisione di un centimetro effettuato
sotto il malleolo esterno del piede permette al chirurgo di introdurre
una vite di calibro adeguata tra due ossa del piede: l'astragalo
e il calcagno.
Sono questi due elementi che si articolano tra di
loro a determinare il piede piatto quando si angolano eccessivamente.
La vite ha la
funzione di arrestare lo scivolamento tra le due ossa oltre un certo
angolo. Tanto basta a correggere in maniera definitiva il piede piatto.
Terminato l'intervento basta un punto di sutura sulla pelle a chiusura
della piccola ferita. Il paziente con uno stivaletto gessato può
riprendere a camminare subito e caricare sull'arto appena operato. Dopo due
settimane il gesso viene rimosso e un breve ciclo di fisioterapia
riabilita piede e caviglia. A due mesi dall'intervento il piccolo
paziente può tornare a correre e a praticare l'attività
sportiva desiderata. La vite non deve essere rimossa: realizzata
in acido polilattico dopo tre quattro anni, esaurita la sua funzione
si scioglie e viene completamente riassorbita dai tessuti.
I risultati statistici sono eccellenti nel 96-97% dei casi e non sono state in pratica osservate reazioni avverse al prodotto o mobilizzazioni dell'impianto che hanno richiesto la rimozione. Ben altra cosa la chirurgia tradizionale: la correzione dell'arco plantare viene ottenuta sopprimendo alcune articolazioni del piede che viene irrigidito fondendo tra loro certe ossa del piede.
Risultato: piede sì corretto, ma al prezzo del sacrificio della naturale anatomia ed elasticità del piede e con un decorso post operatorio più lungo e difficile.
I risultati statistici sono eccellenti nel 96-97% dei casi e non sono state in pratica osservate reazioni avverse al prodotto o mobilizzazioni dell'impianto che hanno richiesto la rimozione. Ben altra cosa la chirurgia tradizionale: la correzione dell'arco plantare viene ottenuta sopprimendo alcune articolazioni del piede che viene irrigidito fondendo tra loro certe ossa del piede.
Risultato: piede sì corretto, ma al prezzo del sacrificio della naturale anatomia ed elasticità del piede e con un decorso post operatorio più lungo e difficile.
La artrorisi
con vite riassorbibile è indicata nei bambini in fase di
sviluppo tra gli 8 e i 12 anni, ma anche i giovani adulti possono
essere sottoposti a questo intervento.
Per tutti però valgono
dei criteri di esclusione: piedi piatti non sintomatici o piatti
che si correggono spontaneamente durante la fase di leva e spinta
del passo non necessitano di nessuna correzione.